Sul blocco delle gite

Ecco perché è giusto il blocco dei viaggi di istruzione, e perché nella nostra scuola si sta facendo nel modo sbagliato.

Un pullman.In questi mesi i docenti di parecchie scuole, in tutta Italia, stanno protestando contro il blocco degli scatti stipendiali mediante il rifiuto ad intraprendere viaggi d’istruzione.

Questa forma di protesta è legittima, poiché i docenti non sono tenuti a portare le classi in gita, senza contare che ormai non percepiscono più neanche la diaria: chi glielo fa fare? Trovo che la protesta sia giusta, poiché i prof. sono gravemente danneggiati sul piano economico e professionale dai tagli del governo. Questa azione, se diffusa, può avere una certa risonanza, andando a toccare gli interessi economici dei tour operator.

Anche all’Einstein alcuni docenti sono intenzionati a bloccare i viaggi: io sono solidale con loro. Un’azione di protesta condotta in questo modo, però, è destinata inesorabilmente al fallimento. Non c’è alcuna forma di sensibilizzazione nei confronti degli studenti e dei genitori: la versione fornita dai soliti spot governativi avrà così gioco facile: gli insegnanti comunisti e politicizzati sono solo una minoranza e protestano, danneggiando i ragazzi, per mantenere lo status quo e i loro privilegi. Noi stiamo facendo una riforma epocale, eccetera eccetera. Bisogna volantinare, informare studenti e famiglie, fare assemblee, pubblicare documenti di protesta sul sito della scuola; senza questo, cari prof., nessuno capirà la vostra protesta!

Anche i prèsidi dotati di un minimo di spina dorsale dovrebbero farsi avanti: il nuovo codice disciplinare gli impedisce addirittura di esprimere la propria opinione in pubblico. Che prezzo ha la propria dignità?

Detto senza ipocrisia, io non credo che rifiutarsi di portare i ragazzi in gita li danneggi in modo grave. Dalla mia esperienza scolastica ho capito che si impara di più da una lezione ben fatta che da un viaggio d’istruzione. In altre parole, ho perso da tempo la mia fiducia nel valore didattico di tali viaggi. Certo, agli studenti (me compreso) piacciono perché ci si diverte, ma non mi sembra un buon motivo per biasimare la protesta degli insegnanti. L’interesse comune va anteposto a quello personale: sono disposto a rinunciare a qualche gita per una buona causa, che è quella della scuola pubblica.

Riflettiamo: danneggia di più gli studenti il non andare in gita o un taglio da 7,8 miliardi all’intero settore dell’istruzione?