Pisapia vuole la poligamia (e mi ha rubato la macchina)

Are you fucking kidding meSembra di essere ritornati ai tempi dei #morattiquotes. Ad accusare il sindaco di Milano Giuliano Pisapia di favorire la poligamia non è però l’avversaria politica Letizia Moratti, ma la Curia di Milano, per voce di Alfonso Colzani, responsabile del Servizio della famiglia della Diocesi.

Colzani ha scritto su Milano7 un articolo anticipato da Avvenire, in cui critica il registro delle unioni civili che il Comune di Milano vorrebbe istituire.

Né si può trascurare il rischio che la voluta equiparazione tra famiglia fondata sul matrimonio e unione civile porti a legittimare la poligamia: l’uomo poligamo immigrato a Milano, di fatti, potrebbe richiedere il riconoscimento della propria convivenza con tutte le sue mogli come unione civile, posto che il registro non limiterebbe tale unione solo a quella tra due persone. Il Comune di Milano, che non si propone solo di registrare bensì anche di tutelare e sostenere le unioni civili, finirebbe così per tutelare e sostenere un istituto quale la poligamia che nel nostro ordinamento è ritenuto contrario all’ordine.

L’accusa è talmente assurda che si commenta da sola: ricorderei però che la poligamia è considerata un reato dall’art. 556 del Codice Penale italiano e come è noto un provvedimento comunale non può “scavalcare” una legge approvata dal Parlamento.

L’assurdità di certe affermazioni maschera soltanto la malafede e la mancanza di argomentazioni migliori.

Autore: pietrodn

Sono nato nel 1993 e studio Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano. Amo leggere, programmare, costruire cose. Nella mia vita sono stato un Wikipediano e ho fatto parte del Consiglio di Istituto della mia scuola che è il Liceo Scientifico "Albert Einstein" di Milano. I miei interessi spaziano dall'informatica nelle sue diverse espressioni fino alla politica universitaria e a tutte le cose che possono definirsi geek.

8 pensieri riguardo “Pisapia vuole la poligamia (e mi ha rubato la macchina)”

  1. Sennonché l’art. 556 c.p. non impedisce al cittadino straniero di contrarre più matrimoni in uno stato estero che lo consenta e poi di immigrare in Italia.
    In questo caso la legislazione italiana riconosce solo il primo matrimonio perché la poligamia, benché legittima in alcuni stati stranieri, è considerata in Italia contraria all’ordine pubblico ed al buon costume: l’immigrato poligamo in Italia è considerato coniugato solo con la prima moglie, non con le successive.
    Ma il registro delle unioni civili non limiterebbe l’unione a due persone legate da vincoli affettivi dato che consentirebbe che l’unione civile sia costituita anche da più persone. Il poligamo, quindi, potrebbe registrare la propria convivenza con tutte le proprie mogli come un’unione civile.
    Il problema si pone nella misura in cui il Comune di Milano intende non solo registrare tale convivenza poligamica (cosa che di per sé è astrattamente possibile già con l’attuale regolamento anagrafico) ma vuole tutelarla e sostenerla. Si giungerebbe, infatti, al paradosso per cui la legislazione italiana considera la poligamia contraria all’ordine pubblico ed al buon costume ma l’Amministrazione Comunale la tutela e la sostiene.

    1. Tecnicamente, senza più di un matrimonio non si dà poligamia: infatti condizione necessaria affinché si registri il reato è la presenza di un *matrimonio*, non di un’unione civile. Comunque il fenomeno sarebbe statisticamente irrilevante.

      1. Il problema è il riconoscimento (e, quindi, la legittimazione) di più matrimoni che ci sono e sono stati contratti all’estero. Quanto all’incidenza statistica, i dati dei registri già istituiti evidenziano che le unioni civili registrate non sono, in generale, un fenomeno statisticamente di particolare rilievo.

  2. Non c’è solo la questione della poligamia musulmana o di altra religione. Il registro delle unioni di fatto così concepito apre la porta alla legalizzazione delle convivenze multiple: due donne e un uomo, due uomini e due donne, ecc.: la realtà del poliamore, i gruppi di persone che vivono intimità sessuale multipla su base stabile. Sono convinto che dietro la formulazione ci sia la volontà (da uno come Majorino me lo aspetto) di dare forma giuridica a queste sessualità di gruppo. Ciò conferma l’assurdità dell’iniziativa: queste convivenze non portano benefici alla società, e la società non è tenuta a sostenerle.

    1. Al di là della possibilità teorica della legittimazione, mi chiedo: esiste davvero un numero significativo di persone che vivono una “intimità sessuale multipla su base stabile”? A me pare di no; del resto ciò è completamente fuori dalla nostra cultura e dai nostri usi. Invece il registro serve per dare tutela giuridica a delle situazioni di fatto che altrimenti sarebbero fortemente svantaggiate.

  3. Secondo un articolo di Newsweek del 28 luglio 2009 negli Stati Uniti esisterebbero 500 mila relazioni poliamorose durevoli. I poliamorosi hanno già chiesto il riconoscimento giuridico della loro realtà in Australia, in Francia chiedono l’estensione dei PACS alla loro relazioni e in Canada si stanno muovendo nella stessa direzione. In Italia quest’anno hanno partecipato per la prima volta con il loro striscione al Pride di Roma della fine di giugno. Non stiamo parlando di cose lunari.

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